La galleria A arte Studio Invernizzi ha inaugurato giovedì 21 marzo 2002 una mostra personale di Bruno Querci, che presenta una nuova serie di opere inedite pensate appositamente per lo spazio espositivo.
“Superando l’iniziale articolazione degli elementi linguistici l’artista individua i fondamenti dell’immagine nel rapporto tra visibile e invisibile, immette nella dimensione del quadro non soltanto il vuoto in rapporto al pieno ma soprattutto il senso dell’esterno, il ruolo della parete, la tensione spaziale che scaturisce dalla collocazione della superficie pittorica nel contesto ambientale. (...)
Concepire la pittura come dialogo con l’infinito significa inoltre accrescere la possibilità della materia-luce di essere attiva oltre l’apparenza delle forme, con la necessità di sentire in modo sempre diverso il valore tattile del pigmento, le consistenti stesure che sono tali anche se l’ultimo stadio del colore sembra non restituire visibilmente i nutrimenti e le stratificazioni.
L’infinito non è rappresentabile, non è descrivibile e neppure quantificabile, proprio per questo non è separabile dal colore-luce che lo sostanzia e dalla percezione della concretezza dell’invisibile. Attingere alla sua dimensione significa porsi in un punto illimitato, essere nello spazio-tempo della pittura col corpo-mente, ricongiungendosi all’origine del primordio, al tempo arcaico, al valore primario del linguaggio. (...)
Se negli anni Novanta l’artista non lavora più sulla luce come strumento esplicativo della forma ma all’interno del suo scaturire energetico, ora egli porta lo spazio all’interno della potenzialità luminosa della forma, non delimita l’opera dall’esterno ma la rende visibile attraverso la sua matrice interna”. Così scrive Claudio Cerritelli nel catalogo bilingue che è stato pubblicato in occasione della mostra, contenente le riproduzioni delle opere installate in galleria, un apparato bio-bibliografico e una poesia di Carlo Invernizzi.