La galleria A arte Studio Invernizzi ha inaugurato martedì 12 marzo 2013 una mostra personale di Carlo Ciussi.
Dopo la mostra antologica tenutasi presso i Musei Civici di Udine, realizzata nel 2011 in occasione dell’apertura dei nuovi spazi espositivi della Galleria d’Arte Moderna di Udine ‘Casa Cavazzini’ e l’esposizione svoltasi nello stesso anno alla Fondazione Abbazia di Rosazzo, che presentava opere appartenenti all’ultimo decennio di attività dell’artista, a un anno dalla scomparsa, in questa occasione sono stati esposti, al piano superiore della galleria, i lavori che Carlo Ciussi aveva realizzato nel corso del 2011 appositamente per la mostra in programma per settembre 2012 mentre nella seconda sala opere rappresentative degli anni Sessanta che, attraverso la ripetizione di moduli geometrici quadrati e rettangolari, ritmano lo spazio della superficie.
Nelle sale del piano inferiore sono state invece presentate opere tridimensionali della metà degli anni Novanta, le cui superfici, attraversate da una pluralità di linee che si intrecciano e si sovrappongono, si aprono e interagiscono con lo spazio architettonico della galleria.
“La sua opera - come scrive Massimo Donà - ha questo di caratteristico: che ti impone, ogni volta che torni sulle sue specifiche manifestazioni, di ricominciare da capo. Di metterti cioè alla pari con la sua straordinaria potenza sorgiva. Ché, questo ha sempre cercato di fare Carlo Ciussi: disegnare il punto zero del mondo. Approssimandosi il più possibile a quell’inizio che non consente più alcun riferimento, alcuna tradizione da cui ripartire, e dunque nessun modello da imitare e neppure da oltrepassare, e tanto meno da cancellare.
(...) si tratta di un alfabeto originario; da impostare, regolare e costruire per un mondo a venire, di cui nulla può essere ancora noto. Si tratta di intonare un canto davvero nuovo, che nessuno può aver ancora accordato e neppure eseguito.
Si tratta di allestire un sistema di segni non ancora organizzati; di volteggiare senza rete… di tentare, insomma, l’impossibile. E imparare una lingua sconosciuta… che non potremo mai imparare, peraltro, proprio in quanto sconosciuta. Una lingua che l’artista può cercare al massimo di ritmare, facendola appena presagire... sì da renderla se non altro ‘immaginabile’. Trattandosi della lingua di quel che non sappiamo… e mai sapremo”.
In occasione della mostra è stato pubblicato un catalogo bilingue con la riproduzione delle opere esposte, un saggio introduttivo di Massimo Donà, una poesia di Carlo Invernizzi e un aggiornato apparato bio-bibliografico.