La galleria A arte Invernizzi ha inaugurato giovedì 24 settembre 2020 una mostra personale di Francesco Candeloro.
Nella prima sala del piano superiore sono esposti, nella versione verticale, alcuni skyline di città in plexiglas o sezioni di esse rese come superficie e contorno - visioni di un “architetto dell’immateriale” e insieme testimonianza del vissuto dall’artista.
Nella seconda sala troviamo Vie di Luci nel Tempo (Beirut) (2018), opera attraverso cui Candeloro indaga i molteplici aspetti della realtà con immagini in trasparenza che ampliano la percezione dell’osservatore in un continuo alternarsi di nascondimento e rivelazione.
Al piano inferiore vengono presentati nove “libri” costituiti da fogli colorati riportanti delle fessure le quali possono essere definite come occhi disposti in giochi combinatori. Essi tengono conto delle geometrie dei supporti e delle colorazioni prodotte dai “filtri” di acetato che l’artista vi sovrappone.
I “libri” hanno una struttura chiusa rettangolare ma, come fossero pagine raccolte in un volume, possono essere squadernati sulla parete consentendo una lettura aperta dell’opera e in questa occasione i lavori sono presentati nelle possibilità e nella realtà del loro sviluppo.
“L’immagine dalla quale, nella sua rivelazione fotografica, proviene tutta l’opera di Candeloro, e la sua qualificazione fisica, in una concezione sempre più autonoma della forma rispetto alle istanze della rappresentazione, costituisce di per sé un filtro tra la materialità della cosa e la sua idealizzazione. Questo carattere di intermedialità che pone di per sé l’opera su un limite fra la presenza e l’assenza, si rivolge da una parte a forme note, in certa misura verificabili, e dall’altra a sagome in via di definizione, che ricevono la loro consistenza momentanea nel loro riproporsi, sotto diverse ipotesi, nel modo in cui i lavori appartenenti alla categoria delle composizioni a molteplici strati possono essere squadernate a parete secondo logiche geometriche variabili. In entrambe le soluzioni le opere di Candeloro operano sul piano di un trasferimento. Da una parte la sagoma di un profilo di città si materializza, in una posizione non necessariamente riconoscibile, come ripresa di un luogo altro assorbito nella luce che essa stessa genera nello spazio in cui la sua immagine sintetica e astratta si trova; dall’altra le composizioni a parete alludono a un inoltrarsi in una dimensione nascosta, intima, che si rivela nascondendosi. La superficie, in entrambi i casi, diventa parte di un processo complesso, dal piano al labirinto”. (Francesco Tedeschi)
In occasione della mostra è stato pubblicato un catalogo bilingue contenente un saggio di Francesco Tedeschi, la riproduzione delle opere in mostra e un aggiornato apparato bio-bibliografico.