La galleria A arte Studio Invernizzi ha inaugurato giovedì 24 settembre 2009 una mostra personale dell’artista francese Michel Verjux, che presenta in questa occasione sei interventi appositamente creati per gli spazi della galleria.
Lo stesso Verjux ha descritto in questi termini la propria modalità creativa, fondata su una intenzionalità fortemente dialogante con il luogo: “Dal 1983, ho concepito l’opera d’arte non come una pittura o una scultura (fisicamente parlante), non più come un semplice intervento effimero (del tipo di un’azione o una performance), ma in termini di luce” e ancora “Che cosa si vede? Che cosa si fa? E che cosa si ha in testa? Prima di tutte le cose: spazio, tempo, materia e luce, certo. Ma tra tutto questo groviglio di forme, tra tutte le cose offerte all’essere umano oppure inventate da lui, tra tutti gli elementi, fattori e parametri psichici, fisici o culturali, che ne è dell’opera artistica più particolarmente? In che cosa consiste un’opera? In ogni cosa possibile e immaginabile? In una cosa casuale oppure necessaria ? Io proprio non lo so. Quello che voglio, invece, è che l’opera d’arte, giacché lo può, sia - prima di tutte le cose, che questa cosa sia d’altronde una cosa in sé o no - un atto di vedere e un atto di mostrare. E che questa opera possa essere percepita da un punto di vista esistenziale, costruita in maniera minimale e concepita in maniera logica. Evidenza plastica immediata, singolarità o particolarità concreta, ma anche rivelazione dell’ambiente. Entrano qui in gioco funzioni come estetica e poetica.”
Questa testimonianza dell’artista sottolinea la natura aperta della creatività di Verjux, la sua attenzione per la dimensione potenziale dell’opera, parte essenziale della quale è costituita dalla propria vita nella percezione tattile di una luminosità intesa nella sua valenza prima di possibilità stessa della visione e dell’immagine.
“...Michel Verjux non abbellisce la nuda datità; ma, come Socrate, s’impegna a ‘liberare’ l’unica luce che ogni umana attività di fatto produce, e che ogni manufatto, se sapientemente ed amorevolmente ‘interrogato’, può restituire ai mortali - se non altro in quanto riflesso di un Assoluto che non ci attende mai al termine di un processo infinito e per ciò stesso impotente... ma si annuncia sempre e comunque nell’ora di ogni ‘gesto’ e di ogni ‘sguardo’ realmente capaci di accoglierne l’intramontabile ed infocata implosione” così scrive il filosofo Massimo Donà nel saggio introduttivo del catalogo bilingue che è stato pubblicato in occasione della mostra contenente la riproduzione delle opere presentate in galleria, una poesia di Carlo Invernizzi e un aggiornato apparato bio-bibliografico.